not ready.
not yet.
come in una mano di tarocchi
lost again
broken and weary
unable to find my way
..dizzy and clearly
unable to just let this go
I am surrendering
to the gravity and the unknown
poi ci cadi dentro, e anneghi in un cerchio così perfetto da non volerne più venire fuori.
#nuoviprogetti nell’aria.
disappear
higher
..thinner
into the air
slowly disappear
no no longer here
è arrivato il freddo, finalmente, e io ritorno alla mia rubrica con un pezzo del 1965 scritto da Wilson Pickett assieme a Steve Cropper nello storico Lorraine Motel di Memphis, lo stesso Lorraine Motel che qualche anno più tardi vedrà la morte di Martin Luther King tra le sue braccia.
il testo è, secondo me, superromanticone e non ha bisogno di altre parole..
ci sono concerti che ascolti. e ci sono concerti che senti dentro.
quel muro di suono che ti vibra nella stomaco
quella potenza che ti circonda, ti prende a schiaffi con tutta la dolcezza del mondo
e resta li, a gelarti la pelle per scaldarti meglio la carne.
è un nero che mi chiama a se e mi risveglia nel profondo.
è luce bianca che annega nella mia anima e risveglia i miei fantasmi.
mi preparo per rivivere uno dei miei grandi incubi.
scappare per anni e non poter sfuggire.
il dolore è ancora li.
aggrappato alle ossa
livido sulla pelle
tagliente nella carne.
in cerca di un balsamo per il cuore
lascio che il tempo si allinei al mio mood.
questa è la mia settimana.
26 maggio – 2 giugno
è il mio noncompleanno.
due date precise. due date importanti. due date da monito.
una settimana intera. questa settimana intera. perchè me la merito.
questa settimana, perchè son scesa a patti con me stessa troppe volte nel passato.
questa settimana, per ricordarmi di non farmi più calpestare. da nessuno.
questa settimana, ricca di eventi, di fatti, di parole, di persone.
è tempo di dedicarmi a me stessa.
divertirmi, farmi dei regali, brindare a me e non pensare.
ho cominciato questa tradizione ormai anni fa, e quest’anno più che mai sento il bisogno e la voglia di festeggiarmi.
perciò
..buon noncompleanno a me.
Ispirato dalle rivolte del Movimento Per i Diritti Civili degli Afroamericani, Isaac Hayes scrive con David Porter [due tra i migliori autori del tempo] la celebre Soul Man.
nel 1967 Sam & Dave incidono il brano che diventa subito un successo.
and yes, I’m a soul man too.
ci sono suoni e parole in grado di lacerarti nell’intimo
polverizzarti l’anima
per poi ricomporre una versione di te toccata nel profondo
inevitabilmente consapevole del cambiamento.
una ferita irrinunciabile.
dolore e cura
mi lascio annullare in questa voce
mio antidoto personale.
siamo nel dicembre 1967, Otis Redding registra a Memphis Sittin’ On The Dock Of The Bay pochi giorni prima di morire e anche questo brano, come molte canzoni di Redding, viene pubblicato postumo nel gennaio 1968.
e me lo immagino seduto sulla banchina a guardare la marea che cala e a sprecare il suo tempo, il suo poco tempo.
non mi ci voleva.
memories time. stavolta come un lampo nel cielo sereno.
una mazzata in pieno petto.
questa è febbre.
troppe facce mi investono inaspettatamente.
troppi rancori. troppi vaffanculo ingoiati.
troppe delusioni a schiaffo sulle guance ormai livide.
non riesco a rilassare i muscoli,
i pugni strettistretti con le unghie che lacerano la carne
e quella profonda ruga di disappunto sulla fronte che non vuole distendersi.
mi manca l’equilibrio.
sto pericolosamente andando fuori strada.
maggio, dove sei?
è il 1962, Bert Berns scrive Cry To Me e Solomon Burke la incide.
due menti grandiose per una canzone fantastica.
siamo nel 1965 e Smokey Robinson lavorando su un’idea musicale di Marv Tarplin scrive The Tracks Of My Tears assieme alla sua band, i The Miracles.
il testo potrà essere triste, la narrazione potrà essere dolorosa,
ma niente – niente – mi mette di buon umore come queste canzoni.
forse ‘buon umore’ non è il termine corretto, ma sicuramente ci si avvicina..
entro in modalità ‘sorriso mentale’, e diamine se ne ho bisogno.
e ripartiamo con la sweet soul music.
stavolta si balla a ritmo di Jackie Wilson,
siamo nel 1967 e a me Chicago non è mai sembrata tanto bella..
provo un affetto profondo per l’arte di Marvin Gaye, mi emoziona sempre.
nel 1968 esce la sua registrazione di I Heard It Through The Grapevine, brano già uscito sempre per la Motown Records ma inciso dal gruppo Gladys Knight & The Pips nel 1967.
questa versione è leggermente velocizzata, esattamente come nella cassetta.
ora shhhhh. canta Marvin.
inchiodata tristissima e sdolcinata con Otis Redding.
siamo nel 1968 e questo brano, come molti altri singoli di successo dell’artista, viene pubblicato postumo, registrato solo pochi giorni prima della morte.
nel testo di questa canzone ci annego un pò, vissuto da vicino e abbracciato a malincuore, mi fa ricordare di quella me un pò ingenua, un pò romantica, un pò masochista.
buio nella stanza.
solo una sigaretta accesa che colora il nero di questa serata.
Verdena nelle casse.
la voglia di creare. il bisogno, di creare.
dipingimi
distorto come un
angelo anormale
che cade
immagini mentali di quadri mai visti.
incomprensibili. deformi. confusi.
abbandonando la casa vuota, in direzione dello studio, mi lascio avvolgere dall’inverno.
uno stanzone gelido con una stufa dispettosa in ceramica.
il freddo non è cattivo consigliere e stasera non mi fermo.
se in vena scorre
lei piano corre da me
tu tu mi spegni
se sei tu
che mi vuoi fuori di me
è giusto sai
sentirti come me…
qui
raccolgo i capelli con un pennello.
stasera voglio sporcarmi.
una base nera.
poi verde.
sempre più acido.
sentire i colori sotto le dita, sulla pelle, rende tutto vivo.
sembra caotico.
musicale.
scrivo brevi incantesimi con le dita.
e piango. mentre con le mani sporche aggiungo dettagli inutili.
piango. senza pensare al motivo.
piango in un momento di sfogo.
rido.
la vertigine in volo
nessuno saprà mai
che in questo cielo
dovrò concluderti
nel blu
lentamente la stufa si spegne e i Verdena sono ormai stanchi di suonare.
è notte tra le strade.
mi sento osservata, in silenzio. e con ancora qualche lacrima nascosta nel viso corro a casa.
la nebbia è un muro denso.
chiudo gli occhi.
perchè sei ancora nella mia testa?
vedo i tuoi tratti negli spigoli che sfioro.
sento il tuo profumo nella nebbia.
vorrei credere
che non ci sei
nelle lacrime
forse tu ci sei
ma non ci sei
vorrei spegnermi
chissà perchè la notte amplifica le emozioni.
il colore fatica ad andarsene dalle mani.
le sfrego per eliminare tutto lo sporco che mi sento dentro.
forte. fino a farmi male.
morfeo rapidamente mi richiama a se.
e sogno.
sogno di sguardi che non ricambio.
sguardi rubati.
sguardi nascosti.
di persone nascoste.
nascoste nel buio. oltre.
se la mia pelle è in fumo
la tua soffoca
tremo.
edatrepuntosette
photo credit: danaeL
secondo brano di Sam Cooke nella compilation, anno 1962.
è inutile, puoi provarci quanto vuoi ma non puoi non muovere una qualsiasi parte del corpo sentendo queste note.
[e oggi scopro, con grandegrandissimo fastidio, che un notoquantoodioso programma televisivo utilizza questa canzone come sigla.
come ti rovino un brano fantastico. Rancore.]
con questo pezzo si vola fino in Inghilterra
siamo nel 1966 e i fratelli Winwood con Spencer Davis scrivono Gimme Some Lovin’ woo ooo.
le mie decisioni.
la mia risoluzione.
non mi basta la svolta.
voglio vedere il cambiamento.
voglio sentire una reazione.
immergermi in uno scontro.
la quarta canzone è di Smokey Robinson, autore e produttore [ma non solo..] dei Temptations
che incidono il brano nel 1964.
ah, Detroit..
ah, la Motown Records..
..I’ve got sunshine on a cloudy day,
when it’s cold outside I’ve got the month of may.
uuuh purificazione in atto.
qualcuno doveva pur prenderla questa decisione. again.
evitare per non suscitare domande, beh, non ho più intenzione di accettarlo.
da ora i punti interrogativi saranno solo cazzi tuoi.
byebye.
‘the only way to fix it is to flush it all away‘
e io ci sguazzo dentro alla sua voce alla sua catarsi alla sua anima.
il terzo pezzo di questa raccolta è una canzone degli anni ’30,
ma rifatta nel 1966 da Otis Redding, artista fantastico che ci ha lasciati troppo presto.
di Redding in questa musicassetta ci sono diversi pezzi perciò non vi annoio oltre con altre parole
e vi lascio con
..gotta try nah nah nah, try, try a little tenderness, yeah..
ci sono notizie che ti cambiano la giornata.
again. and again. and again.
partendo da un qual certo scazzo che aleggiava sin dal mattino
sono improvvisamente incappata in una notizia da occhi a cuore.
per una serie di motivi intimiintimissimi leggere l’annuncio di un concerto oggi mi ha cambiato l’umore.
si, le mie giornate non sono così piene ultimamente
perciò mi ritrovo a provare un bel tot di piacere per notizie di non così grande importanza.
subito dopo la bella notizia e l’esaltazione per i progetti mentali partiti a razzo
[tanto che in neanche 3minuti sapevo già pure come mi sarei vestita!]
è arrivata la presa di coscienza: non me lo posso permettere.
e qui la mia giornata è cambiata di nuovo annegando nella tristezza.
in rapida successione sono sprofondata nell’incazzatura perchè son senza un lavoro da una vita ormai,
e, infine, sono approdata alla rassegnazione.
occhei. lo so. in questi giorni sono leggermente iperemotiva.
diamo la colpa agli ormoni, scusa universale per ogni follia inspiegabile tutta al femminile.
mi consolo con un pezzo tratto da ‘1st born second‘ uno dei miei album preferiti in assoluto.
interrompo brevemente la sequenza di canzoni della mia cassettina preferita
per inserire un brano in ricordo di Otis Clay,
soul man della storia rhythm and blues/gospel, morto pochi giorni fa.
uno degli ultimi pezzi di storia ad andarsene..
godetevi un suo brano del 1991.
e passiamo al secondo pezzo..
si tratta di una canzone che adoro del 1957 di Sam Cooke, mostro sacro e fondatore/creatore/fontediispirazione/re della soul music assieme a Ray Charles, Solomon Burke, Jackie Wilson e altri..
coverizzata da un pò tutti i grandi musicisti del tempo
You Send Me resta immortale nella mia memoria.
e diciamolo, con questo pezzo esce la romanticona che c’è in me.
il mio personalissimo spirito natalizio è andato perduto durante l’ultimo trasloco,
e consiste in una musicassetta strausata, ascoltata e riavvolta e girata e riascoltata infinite volte.
la cassetta della domenica mattina. e del natale. e dei lavori di casa.
la preferita di mia madre, che mi ha tramandato questa passione che con orgoglio faccio mia.
il mio corrispettivo sonoro di ‘casa’.
questo nastro magnetico suona la colonna sonora della mia infanzia,
tutta la meglio [per me] musica soul/rhythm and blues degli anni 60.
parto con una canzone del 1967, che dà il titolo alla musicassetta.
godetevela.